20/01/2020

Avv. Fantini: la normativa impone di creare una rete di conoscenze che coinvolga l’intera compagine aziendale. Help’s è uno strumento per la corretta attuazione delle norme.

Nella mia esperienza presso la Pubblica Amministrazione (ndr: presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) e a maggior ragione nella mia attuale attività di libero professionista che svolge formazione e consulenza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ho maturato la ferma convinzione della palese insufficienza di un approccio meramente normativo e, in particolare, precettivo/sanzionatorio ai temi della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Ciò in quanto, come l’Unione europea non manca da sempre di sottolineare (per ultimo nella strategia europea per gli anni 2014-2020, pubblicata dalla Commissione lo scorso 6 giugno), la maggior parte degli eventi infortunistici si verificano con il concorso determinante, quando non addirittura esclusivo, di comportamenti umani, rispetto ai quali è necessario un approccio prevenzionistico “mirato” alle procedure e non solo che si fondi su norme rigide e immutabili, anche qualora applicate a contesti sensibilmente diversi tra loro.

In realtà, lo stesso decreto legislativo n. 81 del 2008 appare muoversi in questa direzione attribuendo – a differenza che negli anni precedenti – assoluta rilevanza all’organizzazione del lavoro, sia come elemento in base al quale identificare i beneficiari della normativa sia come contesto da analizzare per identificare i soggetti obbligati all’applicazione della medesima normativa e l’adempimento delle singole norme di legge. In altre parole, per la Legge italiana è la organizzazione del lavoro che permette di capire – con apprezzamento non solo giuridico ma anche e soprattutto fattuale – come possano ripartirsi tra i soggetti del sistema di prevenzione aziendale (datore di lavoro, dirigente, preposto e lavoratore) compiti e responsabilità. E’ questo, peraltro, il senso più intimo della previsione di cui all’articolo 299 del “testo unico”, il quale, nel riconoscere – per la prima volta – in un testo di legge espressa rilevanza alla espressione “posizione di garanzia”, attribuisce rilievo solo iniziale alla qualificazione delle posizioni di responsabilità da parte delle imprese riservando la individuazione dei poteri e degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro all’apprezzamento di fatto dei poteri, al fine di individuare chi, nelle singole fattispecie considerate, se del caso anche in modo difforme rispetto alle evidenze formali, si dimostri aver svolto compiti di datore di lavoro, dirigente o preposto.

In tal modo il d.lgs. n. 81/2008 recepisce all’articolo 299 insegnamenti giurisprudenziali consolidatisi sotto la vigenza del d.lgs. n. 626/1994 e delinea un “modello ideale” di impresa nel quale la gestione programmata della salute e sicurezza sul lavoro richiede il coinvolgimento attivo e operante, e la partecipazione continua e consapevole di tutti i soggetti (compresi i lavoratori) presenti in azienda, che sono ritenuti ex lege responsabili della propria e altrui sicurezza, non solo nei termini di adesione alle norme penalmente sanzionate, ma soprattutto, e in modo essenziale, nei termini di condivisione e interiorizzazione dei principi tecnico-culturali della prevenzione, della protezione, della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.

Quindi, l'obbligo di sicurezza riguarda quindi tutti i componenti della compagine aziendale e, anche, tutto l'ambiente di lavoro, inteso come ogni luogo cui possa accedere un lavoratore, anche non per ragioni collegate alla sua mansione (principio della sicurezza in sé dell’ambiente di lavoro).

In un simile contesto l'obbligo di vigilanza sull'attività dei lavoratori, finalizzata alla tutela dell'integrità psicofisica del lavoratore attraverso le misure dettate dal principio di cui all'art. 2087 del Codice civile, costituisce uno dei cardini del sistema prevenzionistico, un obbligo imprescindibile ed ineludibile, che il datore di lavoro deve esercitare direttamente o, qualora l'azienda sia organizzata funzionalmente secondo una gerarchica di ruoli e di compiti, rappresentata da varie figure di  dirigenti e preposti, anche indirettamente, verificando che i compiti attribuiti vengano effettivamente espletati, e prevedendo che le funzioni aziendali siano congrue ed adeguate alle dimensione del rischio da prevenire.

La vigilanza presuppone che a monte siano state individuate tutte le misure idonee a prevenire i rischi lavorativi, ovvero che sia stato adempiuto l'obbligo preliminare di valutare tutti i rischi, ma tali misure devono essere effettive, e lo diventano solo qualora venga controllato a cura della gerarchia aziendale il rispetto delle stesse da parte dei lavoratori.

 

Non a caso, la giurisprudenza (coì già, per tutte, Cass. pen., sez. IV, 6 Ottobre 1995) evidenzia come "...il controllo che il datore di lavoro deve esercitare sull’operato dei dipendenti perché non si verifichino infortuni sul lavoro, essendo finalizzato a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore, non può risolversi nella messa a disposizione di questi ultimi dei presidi antinfortunistici e nel generico invito a servirsene ma deve costituire una delle particolari attività dell’imprenditore, gravando su questo l’onere di fare cultura sul rispetto delle norme antinfortunistiche, di svolgere continua, assidua azione pedagogica, con il ricorso, se del caso, anche a sanzioni disciplinari nei confronti dei lavoratori che non si adeguino alle citate disposizioni”.

Anche se tale controllo non può essere sempre realizzato direttamente e personalmente dallo stesso datore di lavoro, al medesimo è richiesta comunque una gestione oculata dei luoghi di lavoro, anche affidando compiti ed incarichi a dipendenti in grado di svolgere in modo idoneo le funzioni gestionali anche in materia di sicurezza, e, comunque, la predisposizione di tutte le misure obbligatorie stabilite dalla legge.

La vigilanza, però, non può essere attuata sempre e ovunque: tale impegno ha i limiti della ragionevolezza ed esigibilità della prestazione, come sempre la Magistratura pacificamente sottolinea. E, dunque, il dovere di controllo del datore di lavoro e dei soggetti a lui equiparati sulla sicurezza incontra un limite nella ragionevolezza che implica una gestione attenta ma non la presenza fisica continuativa, con la conseguenza che una organizzazione del lavoro si può dire davvero coerente con il “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro solo ove i protagonisti della sicurezza, dal datore di lavoro al lavoratore, si muovano in un contesto di procedure adeguatamente progettate e efficacemente attuate, atte a prevenire eventi infortunistici e malattie professionali.

Naturalmente (non è questo lo scopo di una legge) il d.lgs. n. 81/2008 non indica come debbano essere ottemperati gli obblighi di vigilanza imposti ai soggetti della prevenzione né in qual modo debbano essere create ed applicate le procedure aziendali ma di certo la normativa vigente impone a tutte le aziende, pubbliche e private, di creare una rete di conoscenze e procedure che, coinvolgendo l’intera compagine aziendale, consentano di innalzare i livelli di tutela al lavoro.

Help’s è senz’altro, in un simile contesto normativo, uno strumento importante per:

  • trasmettere in modo non rituale e, quindi, efficacemente, informazioni e conoscenze ai lavoratori in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  • diffondere le procedure aziendali in modo intuitivo, anche attraverso il supporto visivo;
  • controllare l’applicazione delle procedure aziendali e la loro efficacia, anche ai fini del loro miglioramento continuo;
  • migliorare le competenze dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sul lavoro anche rispondendo a loro specifiche richieste, avanzate attraverso il sistema.

In conclusione Help’s – anche per le più che opportune scelte effettuate quanto a efficacia dello strumento, grafica e semplicità nell’utilizzo – si pone come una utilità assolutamente coerente con una moderna gestione della salute e sicurezza sul lavoro, quale richiesta dalla stessa normativa inderogabile di legge vigente nel nostro Paese.

Avv. Lorenzo Fantini (già Dirigente divisione salute e sicurezza Min. lavoro e politiche sociali, è uno dei massimi giuristi esperti in ambito sicurezza e salute sul lavoro. Attualmente è formatore, Presidente del Casellario centrale infortuni dell’INAIL, autore di diverse monografie e oltre 80 articoli su riviste specializzate in materia di lavoro e sicurezza sul lavoro, Direttore dei “Quaderni della sicurezza AiFOS” e consulente per aziende italiane ed estere e per il Ministero del Lavoro).

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